Domenica 9 Luglio 2023
Dialoghi su :
“LE VIE DEL GUERRIERO”
1° incontro
Immagini prese dal Web
Domenica 9 Luglio 2023
Dialoghi su :
“LE VIE DEL GUERRIERO”
1° incontro
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JOURNEY’S END
The day ends lost in a stretch of even,
A long road trod – and the little farther.
Now the waste-land, now the silence;
A blank dark wall, and behind it heaven.
Sri Aurobindo
Collected Poems
The complete Works of Sri Aurobindo – Volume 2 – Published by Sri Aurobindo Ashram Publication Department – Pondicherry – India
Fine del viaggio
Il giorno termina perduto in una distesa eguale,
Una lunga strada percorsa, e poco più oltre.
Ora la terra desolata, ora il silenzio;
Un oscuro muro vuoto, e dietro il paradiso.
Sri Aurobindo
Libera traduzione di Kiriti
4 Agosto 2021
Storie sulla saggezza
di SRI GANESHA
9 LA SAGGEZZA DI GANESHA
10 L’UNICO DENTE DI GANESHA
11 IL MATRIMONIO DI GANESHA CON BUDDHI E SIDDHI
9
LA SAGGEZZA DI GANESHA
Ganesha aveva un fratello che si chiamava Karthikeya.
Un giorno, girovagando nel bosco trovarono un frutto sconosciuto, lo scoprirono insieme ed insieme lo raccolsero. Pensavano di esserne entrambi i possessori e non volevano dividerlo in due, non riuscivano a trovare la soluzione, a chi apparteneva quel frutto ? Chi lo avrebbe mangiato ?
Tornarono sul Kailash ed andarono dai loro genitori pensando che fossero gli unici capaci di risolvere la questione. Esposero l’accaduto a Shiva e Parvati e con espressione di giubilo mostrarono il frutto. Shiva aveva subito riconosciuto il frutto e disse che era conosciuto come il frutto che dona l’immortalità ed una conoscenza infinita a colui che lo mangia ma, c’è sempre un ma, il possessore del frutto doveva esserne degno sia per il fatto di possederlo e ancora di più per poterlo mangiare. Allora Shiva e Parvati, senza parlarsi, comunicarono tra di loro attraverso la mente silenziosa e decisero di fare una proposta.
Shiva disse : “Per decidere che tra voi due sarà il possessore del frutto e potrà mangiarlo vi proponiamo una gara. Dovrete fare il giro del mondo per 3 volte. chi fra voi due tornerà per primo al monte Kailash sarà il degno possessore del frutto.”
I due fratelli accettarono la sfida e furono subito pronti per intraprendere la gara.
Kartikeya era molto abile, atletico e capace nelle arti della guerra, il suo corpo era agile e leggero, prese immediatamente il suo vahana, veicolo, un pavone bellissimo, e partì librandosi nel cielo azzurro. Iniziò a volare sopra la terra e rimaneva incantato dalla bellezza di ciò che vedeva; senza sosta avanzava nel suo viaggio.
Ganesha era molto simpatico, gentile, allegro ma il suo corpo era ingombrante, goffo, con la pancia che pesava, il suo vahana era un piccolo topo che non poteva volare, vi salì sopra e l’immagine era veramente divertente, fecero pochi metri e Ganesha decise di fermarsi. Pensò tra se e se : “In questo modo non riuscirò mai a vincere la gara, devo trovare un modo più intelligente per farlo !”
Si diresse verso i suoi amati genitori, chiese loro di rimanere fermi dove stavano e con rispetto e sacralità al tempo stesso, iniziò a girare intorno a Loro, recitando Mantra sacri in segno di devozione. Fece 3 pradakshina intorno a Loro poi si fermò, fece il Pranam ad entrambi prostrandosi ai Loro piedi. Poi si alzò e sorrise guardandoli.
Shiva e Parvati erano compiaciuti, avevano capito bene quale fosse l’intenzione di Ganesha ma Shiva voleva che Ganesha stesso la spiegasse ad alta voce. Allora chiese al figlio : “Cosa significa ciò che hai fatto ? Quali erano le tue intenzioni ?”
Ganesha rispose : “O Padre, Tu ci hai chiesto di fare 3 giri intorno al mondo. Per me, Voi siete più del mondo. Per me Voi siete l’intero Universo. Io mi inchino a Voi che siete l’Origine della mia vita e siete tutto per me.”
Shiva e Parvati furono colpiti dalle parole di Ganesha e decisero di dare il frutto della conoscenza e dell’Immortalità a Sri Ganesha.
10
L’UNICO DENTE DI GANESHA
Ci sono molte storie sul perché Ganesha abbia un solo dente ma credo che questa sia la storia più bella.
La storia antica ci narra che il rishi Vyasa scrisse il grande poema epico intitolato Mahabharata, anzi, per essere precisi, Vyasa ‘vide’ lo svolgersi degli eventi ed ‘udì’ la narrazione della grande epopea, sentiva dentro di lui la grande spinta creativa, la necessità di narrare gli eventi. Decise così di chiedere a Ganesha di collaborare con lui, o forse, Ganesha stesso apparve e si propose come suo scriba. Fatto sta che Ganesha pose la condizione che Vyasa non si interrompesse mai durante la narrazione, che la dettatura fosse un flusso continuo della sua ‘visione’; anche Vyasa pose una condizione : che Ganesha non solo scrivesse ogni verso del ‘canto’ ma che ne comprendesse ogni singola parola, ogni significato esplicito ed implicito.
Con così grande maestri l’opera ebbe inizio ed il compito era pari alla loro dedizione, attenzione e bravura.
Procedendo con la dettatura dei ‘canti’ accadde che il pennino di Ganesha, a causa dell’uso intenso, si ruppe, allora Ganesha, per non interrompere il flusso narrativo, si ruppe un dente e ne fece un pennino, lo immerse nell’inchiostro e continuò a scrivere.
Ganesha sacrificò un suo dente per poter continuare l’opera. La determinazione, la fedeltà agli accordi presi e la totale concentrazione permisero ad entrambi di completare l’opera, si dice, dopo tre anni continui di lavoro, sia di giorno che di notte.
L’impegno congiunto del dio Ganesha con il rishi Vyasa in questo grande lavoro generò uno dei più grandi poemi epici di tutta la storia dell’umanità, un dono divino per illuminare, guidare e, speriamo, rendere più saggi coloro che lo leggono.
NOTA :
Mahabharata significa Grande Bharata, Bharata è il nome di un Eroe Indiano che ha dato origine al nome della sua terra. Il Mahabharata è uno dei due grandi poemi epici indiani, l’altro è il Ramayana.
Il “grande poema sulla guerra tra i discendenti di Bharata” consta di 106.000 strofe, suddivise in diciotto libri, che ne fanno l’opera più imponente non solo della letteratura indiana, ma dell’intera letteratura mondiale. L’attuale stesura peraltro non sarebbe che la sintesi della materia originaria, già nota attorno alla metà del II millennio a. C. Il nucleo originale è nato in epoche ancora più antiche e si perde nella notte dei tempi, quando la conoscenza era solo orale e si trasmetteva da maestro a discepolo e la memorizzazione dei testi sacri era effettuata con tecniche mnemoniche particolari e molto accurate fin dalla prima infanzia.
La tradizione dice che l’autore del nucleo centrale sia il rishi Vyasa che avrebbe dettato il poema al dio Ganesha. Nelle epoche successive il poema sarebbe stato arricchito da molti versi aggiunti da vari autori.
La struttura del poema è molto complessa, raccoglie fiabe e leggende che costituiscono parte del ricco patrimonio mitologico indiano, vi sono inserite discussioni filosofiche e religiose esposte da vari saggi, racconti autonomi ( come la storia di Savitri, principessa che per amore sconfigge il dio della morte ) e, naturalmente, la trama principale che descrive la lunga diatriba che poi sfocerà nella sanguinosa guerra tra i discendenti di Bharata, i cugini nemici Kaurava e Pandava, che decisero sul campo di battaglia, a Kurukshetra, le sorti del regno di Hastinapura.
Il nucleo centrale più importante del poema dal punto di vista filosofico-spirituale è il dialogo sul campo di battaglia di Sri Krishna ed Arjuna, l’Avatara incarnato di Sri Vishnu ed Arjuna, il campione dei Pandava, grande guerriero della sua Casata.
L’episodio, intitolato ‘ Bhagavad Gita’ Canto del Beato, è il dialogo intimo e personale tra il Dio Supremo incarnato e l’eroe Arjuna. Capolavoro letterario in lingua sanscrita, denso di valore spirituale, rappresenta uno dei grandi capolavori di Conoscenza sintetica Yogica, in cui vengono indicate in modo magistrale le tre grandi vie dello Yoga : Karma Yoga, Jnana Yoga e Bhakti Yoga, rispettivamente : lo Yoga dell’Azione, lo Yoga della Conoscenza e lo Yoga della Devozione.
11
IL MATRIMONIO DI GANESHA CON BUDDHI E SIDDHI
Questa storia si basa sulle narrazioni del ‘Ganesha Purana’.
Si possono trovare versioni diverse in cui il dio Ganesha sposa Buddhi e Siddhi figlie di Prajapati Vishwarupa.
Questa narrazione ci parla del dio Ganesha che sposa Buddhi e Siddhi, figlie di Brahma.
Il dio Brahma, creatore dell’Universo, e sua moglie Sarasvati, dea della conoscenza, della musica, dell’arte, della parola e della saggezza, avevano due figlie bellissime : Buddhi e Siddhi. Quando le fanciulle raggiunsero l’età giusta per potersi sposare, il dio Brahma decise che Ganesha fosse lo sposo ideale per entrambi le sue figlie.
Il saggio Narada fu subito informato della volontà di Brahma che lo scelse come messaggero. Narada partì subito per il monte Kailash. Lì incontrò Ganesha e gli presentò la proposta di matrimonio. Il dio Ganesha accettò subito la proposta perché le due fanciulle erano l’incarnazione delle più alte qualità.
Così Narada si affrettò a comunicare la risposta affermativa da parte di Ganesha al dio Brahma il quale si recò immediatamente sul Kailash per incontrare i genitori divini di Ganesha : il dio Shiva e la dea Parvati. Quando anche i genitori di Ganesha accettarono di buon grado la proposta di matrimonio e diedero la loro benedizione alla sacra unione Brahma incontrò Ganesha e formalizzò definitivamente la proposta del grande matrimonio delle sue due figlie con Ganesha ed il dio Ganesha confermò il suo assenso con prontezza.
Tutto era predisposto e si poteva dare inizio ai preparativi, Brahma andò a Vaikunta, il Regno Celestiale di Vishnu, ed informò personalmente Vishnu e Lakshmi, la sua consorte, del grande evento.
I Deva, i Siddha, i Vidyadhara ed altri esseri celestiali seguirono con interesse i preparativi del matrimonio del dio Ganesha.
Il capo degli architetti degli dei, Visvakarma, ricevette l’incarico di organizzare la grande festa. Furono create delle decorazioni eleganti e bellissime in tutto il mondo. Kamadhenu, tutte le fanciulle danzanti ed ogni creatura sulla terra partecipò con gioia e dignità.
Il dio Shiva e la dea Parvati iniziarono la cerimonia del matrimonio di Ganesha dal monte Kailash. Nandideva, i Dodici Soli, gli Undici Rudra e molte altre divinità parteciparono all’evento.
Il dio Brahma ed il dio Vishnu accolsero e diedero il benvenuto a tutti gli ospiti e li introdussero nella sala nunziale che era decorata con fiori e lampade illuminate dal fuoco, gli ospiti si sedettero per gioire dello spettacolo.
Indrani, la moglie di Indra, insieme ad altre dee, aiutò le spose Buddhi e Siddhi per prepararsi per il matrimonio.
I Vidhyadhara, semi-dei, si occuparono della musica e riempirono l’aria con i canti dei Mantra e fiori colorati che scendevano dal cielo.
Il Dio Brahma e la dea Sarasvati sposarono le loro figlie con il dio Ganesha secondo i sacri riti stabiliti dai Veda.
Tutti gli ospiti presenti all’evento si prodigarono in auguri di buon auspicio ed accettarono con gioia le sacre benedizioni da parte del dio Ganesha e delle sue mogli, Buddhi e Siddhi.
Questo meraviglioso matrimonio del dio Ganesha con Buddhi e Siddhi si impresse nella memoria di tutti i partecipanti.
NOTA :
Buddhi in Sanscrito significa “intelligenza”, “volontà intelligente”, “mente pensante” e “comprensione”. Attraverso la buddhi si possono raggiungere le realizzazioni spirituali dello Atman, il Sé, e dell’Essere Interiore, l’Anima.
Siddhi in Sanscrito significa “perfezione” ed indica, nei processi di realizzazione yogica, lo sviluppo di particolari facoltà o poteri soprannaturali. Spesso gli Yogi, i Rishi ed i Mistici, ricevono questi ‘doni’ dalla Grazia Divina.
Devadatta
Bibliografia
Storie liberamente tratte da :
SHIVA MAHA PURANA
GANESHA PURANA
DIZIONARIO DELLE RELIGIONI ORIENTALI – Avallardi
GLOSSARIO DEI TERMINI NEGLI SCRITTI DI SRI AUROBINDO – Sri Aurobindo Ashram – Pondicherry
https://shreeganesh.com/site/stories/2586/story-lord-ganesha-wedding-with-siddhi-and-buddhi
https://shiva.redzambala.com/shaivite-hinduism-explained/ganesha-kartikeya-dharma-devas.html
https://www.lotussculpture.com/ganesha-hindu-god-ganapati-elephant-meaning-symbolism.html
https://www.hindu-blog.com/2018/12/ganesh-and-ladoo-why-ganesha-is-offered-ladoo.html?m=1
https://www.ganeshaspeaks.com/spirituality/hinduism/purana/ganesha-puran/
Tutte le immagini sono prese da Internet
Storie sulla vita
di SRI GANESHA
6 SHIVA FALLISCE IN BATTAGLIA
7 CADUTA DI KUBERA
8 LA MALEDIZIONE DELLA LUNA
6
SHIVA FALLISCE IN BATTAGLIA
Shiva partì per guidare l’esercito divino in una battaglia contro gli asura. Era negli spazi eterei, sul suo carro, pronto per lanciare l’inizio dei combattimenti ma si dimenticò di onorare prima dell’inizio dello scontro Sri Ganesha. Non funzionava nulla, il carro aveva dei problemi alle ruote, le armi non rispondevano, era tutto come bloccato, fermo.
Shiva guardò il dio Brahma che era al suo fianco e solo con lo sguardo chiese a Brahma quale potesse essere la causa di tutto ciò. Allora Brahma gli rispose : “Hai dimenticato di fare la puja ( rito sacro ) in onore a Sri Ganesha prima di compiere questa grande azione. Hai attivato questo processo per tutti gli esseri ed anche Tu devi rispettarlo : devi onorare Sri Ganesha e chiedere la sua protezione in battaglia affinchè rimuova gli ostacoli che si frappongono fra Te e la Vittoria !”
Allora Shiva fermò le sue truppe, trovò un luogo degno per fare la puja, completò tutti i riti con Agni, il Fuoco Sacro, i Canti Vedici e dopo aver così onorato Sri Ganesha partì di nuovo con il suo esercito. Riuscì a sconfiggere con successo gli asura e la Vittoria gli arrise.
7
CADUTA DI KUBERA
Kubera era la divinità della ricchezza, molto popolare e conosciuta in tutto l’universo. Possedeva un tesoro inestimabile, aveva ammassato delle ricchezze e provviste di ogni genere, teneva tutto solo per sè ed era molto orgoglioso dei suoi possessi.
Si era fatto costruire un nuovo palazzo tutto d’oro, così decise di invitare tutti gli dei e le dee per far sfoggio del suo nuovo possesso. L’orgoglio e l’avidità in lui crescevano a dismisura, erano divenuti incontenibili e si vantava con tutti della sua condizione.
Invitò gli ospiti per cena e tra gli ospiti incluse anche Shiva e Parvati; ma entrambi decisero di non andare e declinarono l’invito, invece mandarono Ganesha a partecipare al festino, così Shiva disse a Ganesha : “Ganesha, Kubera ci ha invitati a vedere il suo nuovo palazzo tutto d’oro, e per questa occasione ha organizzato un grande banchetto. Noi non andremo all’invito di Kubera, ti chiediamo di andare tu al nostro posto.” Ganesha accettò di buon grado e partì con il suo vahana, salì sul topolino e tranquillamente si avviò.
Arrivato al palazzo di Kubera capì subito quale era la situazione, il comportamento di Kubera era trasparente, addirittura sfacciato nei confronti degli ospiti, non solo si vantava, ma era addirittura invadente e volgare. Così Ganesha decise di ‘divertirsi’ un po’.
Quando i camerieri iniziarono a portare i vassoi con le pietanze Ganesha si impegnò a mangiare tutto il cibo che era a tavola; non solo mangiò la sua parte ma divorò con una velocità incredibile anche il cibo per gli altri ospiti. Gli dei e le dee lo guardavano in silenzio, osservavano lo spettacolo che era appena iniziato. Finito di mangiare tutto il cibo Ganesha disse che aveva bisogno di mangiare ancora così iniziò a mangiare i bicchieri, le posate e i piatti d’oro, non soddisfatto iniziò a mangiare i mobili e a questo punto tutti gli invitati si alzarono in piedi per fargli spazio. La sua fame non era ancora esaurita. Ganesha andò in giro per il palazzo per vedere cosa poteva ancora mangiare e così divorò le collezioni di preziosi di Kubera, l’oro e tutti gli oggetti di valore. Non essendo ancora soddisfatto si avvicinò a Kubera per iniziare a mangiarlo, Kubera era atterrito e con una espressione di angoscia fuggì dal palazzo ed andò in cerca di rifugio sul Kailash, da Shiva e Parvati, per chiedere la Loro protezione.
Ganesha arrivò dai suoi genitori e disse che non si era ancora sfamato, che tutto il cibo di Kubera non era stato sufficiente per placare la sua fame.
Shiva comprese il messaggio di Ganesha e, compiaciuto, offrì una semplice ciotola con del riso cucinato da Parvati.
Ganesha lo accettò e lo mangiò con devozione, alla fine disse che quello era un cibo vero ed ora era finalmente sazio.
Allora Kubera capì la lezione che Ganesha aveva trasmesso e decise che dal quel momento non avrebbe più accumulato ricchezze solo per se stesso ma che le avrebbe condivise con gli altri e le avrebbe distribuite. Si vergognò della sua avidità ed orgoglio e comprese quanto sia più vero e nutriente un cibo puro fatto con amore.
8
LA MALEDIZIONE DELLA LUNA
Dopo il pasto abbondante al banchetto di Kubera, Ganesha andò a fare una passeggiata al chiaro di luna. Il suo corpo era estremamente appesantito ed aveva difficoltà a camminare, spesso inciampava, cadeva e poi si rialzava, barcollava avendo difficoltà a mantenere l’equilibrio, la sua andatura era buffa ed inusuale.
La luna lo stava a guardare e dopo un po’ iniziò a ridere di lui, poi lo prese in giro, lo ridicolizzò, insomma iniziò ad esprimersi in modo eccessivo e sarcastico.
Ganesha all’inizio non si curò delle sue osservazioni, non la considerò, ma la luna continuava insistenze e sprezzante. Allora Ganesha la avvertì, ma la luna rise dei suoi ammonimenti e continuò a ridere in modo offensivo sulla sua corporatura grassa e su come camminava, umiliò Ganesha continuando in modo incalzante ad insultarlo.
Ganesha si rivolse verso di lei alzando la testa e la lunga proboscide, gli occhi divennero ancora più piccoli e le lanciò la maledizione di divenire invisibile.
Solo allora la luna si rese conto del suo errore e di quanto avesse insistito, di quanto fosse stata cattiva nei confronti di Ganesha, impaurita e disperata dal fatto di non
essere più visibile nel cielo stellato, iniziò a pentirsi, chiese scusa a Ganesha per come si era comportata, lo implorò di farle la grazia di poter essere di nuovo splendente nel firmamento.
Ganesha la ascoltò con attenzione, ci pensò un po’, e, sapendo che una maledizione non può essere fatta tornare indietro, la cambiò : decise che da quel momento l’apparizione della luna in cielo dovesse seguire dei cicli in cui appariva e spariva ogni 15 giorni.
Devadatta
Bibliografia
Storie liberamente tratte da :
SHIVA MAHA PURANA
GANESHA PURANA
DIZIONARIO DELLE RELIGIONI ORIENTALI – Avallardi
GLOSSARIO DEI TERMINI NEGLI SCRITTI DI SRI AUROBINDO – Sri Aurobindo Ashram – Pondicherry
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O Sri Ganesha,
Tu che sei il Dio della Conoscenza,
della Saggezza e della Discriminazione,
Tu che sei colui che rimuove gli ostacoli,
a Te chiedo di essere guidata, istruita ed illuminata
per trascrivere nel modo più saggio e bello
le storie e le conoscenze che parlano di Te.
Grazie
Devadatta
Storie sulla nascita
di SRI GANESHA
INTRODUZIONE
1 LA NASCITA DI GANESHA
2 GANESHA SCONFIGGE I GANA DI SHIVA E LE DIVINITA’
3 SHIVA TAGLIA LA TESTA DI GANESHA
4 GANESHA RITORNA IN VITA
5 IL DONO DI SHIVA
INTRODUZIONE
Ci sono molte storie, narrazioni, sulla nascita, vita ed azione di Ganesha, talvolta sono esposte in modi differenti ma il significato finale rimane lo stesso. E’ come vedere un prisma da varie sfaccettature, il prisma è sempre lo stesso, cambiano solo i punti di vista dell’osservatore.
Una volta Narada, il messaggero degli dei, ebbe il desiderio di ascoltare le storie su Ganesha. Brahma rispose : “Ci sono stati vari Ganesha in diversi Kalpha, i Grandi Cicli Storici. Durante il periodo di ‘Sweta-Kalpa’, Ganesha nacque da Shiva e Parvati dopo che si erano trasferiti sulla montagna Kailash, poco dopo il loro matrimonio.”
1
LA NASCITA DI GANESHA
Il grande Shiva, dio della trascendenza, abitava sulle montagne innevate e ricoperte dai ghiacci dell’Himalaya e precisamente sul monte Kailash. La sua dimora, difficilmente raggiungibile, isolata da tutto, nel silenzio assoluto del bianco, era la sua casa dove viveva insieme a sua moglie Parvati, la Madre Divina. Shiva passava lunghi periodi in profonda meditazione, immobile, seduto, lontano.
Una volta Parvati stava andando a fare il bagno nelle sue stanze e diede istruzioni a Nandi di fare la guardia davanti alla porta di ingresso e di non fare entrare nessuno senza il suo permesso. Il Signore Shiva arrivò e, nonostante le rimostranze di Nandi che non voleva farlo entrare, Shiva entrò ugualmente. Parvati rimase dispiaciuta dall’accaduto. Capì che Nandi non avrebbe mai detto di no al suo Signore Shiva e che non si poteva fidare di lui.
Una volta Shiva era lontano e Parvati si trovava da sola.
Decise di fare il bagno e dopo aver cosparso tutta la pelle di pasta di zafferano, iniziò a rimuoverla. Mentre raccoglieva la pasta dal suo corpo vide che la poteva modellare come terra argillosa, l’atto creativo si attivò in lei e, come Madre Divina, nacque in lei il Tapas per creare un nuovo essere. La creazione si sviluppava tra le sue dita con facilità, le mani si muovevano con destrezza e felicità nel plasmare quel fango giallastro; l’essere prendeva forma fino a diventare un bellissimo bambino. Compiuta l’opera ne fu soddisfatta e con un atto d’Amore e Potere Divino infuse in lei la vita stessa, si concentrò, attivò il Prana, potere di vita, e lo infuse, lo canalizzò nella scultura, inondandola di luce divina. Il bambino si attivò, si mosse e parlò chiedendo chi fosse : “Chi sono io ?” disse con voce chiara e distinta guardandola negli occhi e lei rispose : “Tu sei mio figlio”. Un legame speciale c’era tra loro, una capacità profonda di intendersi. Poi Parvati continuò e disse : “Ora vai all’ingresso di casa e fai la guardia che io finisco di lavarmi, non deve entrare nessuno, mi raccomando, nessuno”. Ganesha ubbidì ed armato di un bastone si avviò verso l’uscita. Lì si piantò ed iniziò a fare la guardia.
All’improvviso arrivò Shiva e voleva andare da sua moglie. Era tempo che non la vedeva. La loro dimora era ben protetta, era difficile raggiungerla poiché era immersa tra i ghiacciai eterni; Nandi e la sua squadra la controllavano a vista per miglia e miglia. Per raggiungere quelle somme altezze bisognava praticare delle ardue tapasya ed essere pronti a superare ostacoli e difficoltà, pochissimi erano capaci di farlo, solo dei discepoli ardenti di Shiva e Parvati potevano compiere l’impresa, dopo anni, decenni o vite dedicate all’ascesi.
Quando Shiva arrivò a casa trovò un bambino sconosciuto, armato di bastone davanti all’ingresso. Si chiese : “Chi è costui ? Cosa fa davanti alla porta della mia casa ?”.
Gli chiese : “Cosa fai qui ?”. Ed il bambino rispose prontamente : “Faccio la guardia e nessuno può entrare !”. Shiva lo guardò in modo penetrante e fece per scansarlo per entrare ed andare da sua moglie. Il bambino lo bloccò con il bastone e lo colpì. Shiva divenne furioso ed ordinò ai suoi gana di ucciderlo.
2
GANESHA SCONFIGGE I GANA DI SHIVA E LE DIVINITA’
I gana di Shiva attaccarono Ganesha, lo circondarono e con varie armi lo assalirono ma, anche se erano in tanti, non potevano neanche sfiorarlo, tantomeno ucciderlo. Dopo che furono sconfitti da Ganesha i gana andarono da Shiva per comunicare la disfatta.
Mentre i gana narravano il combattimento a Shiva arrivarono il Dio Brahma, il Dio Vishnu ed altre divinità. Erano giunte perché avevano sentito che qualcosa di particolare stava accadendo sul monte Kailash. Brahma andò da Ganesha per cercare di convincerlo a fare entrare Shiva ma, appena Ganesha vide che si stava avvicinando troppo lo attaccò e Brahma si ritirò senza aver concluso nulla. A questo punto il Dio Shiva stesso si presentò davanti a Ganesha per sconfiggerlo, chi era costui che si permetteva di ostruire il passaggio a Shiva ? Chi era ? Considerato che i gana e Brahma stesso erano stati sconfitti era un essere dai grandi poteri soprannaturali.
3
SHIVA TAGLIA LA TESTA DI GANESHA
Iniziò una battaglia furibonda tra Shiva e Ganesha. Quando Shiva si accorse che Ganesha stava avendo la meglio, gli tagliò la testa con un solo colpo. La testa volò via, nello spazio infinito e lì si perse. Il copro mutilato di Ganesha giaceva a terra privo di vita.
4
GANESHA RITORNA IN VITA
Parvati intanto aveva finito il suo bagno ed uscì di casa. Arrivata sull’uscio di casa uno spettacolo orribile l’accoglie : il corpo mutilato del suo bambino, circondato dalla presenza di Shiva, di tutte le divinità e dei gana. Tutti erano immobili ad osservare la scena, nessuno parlava. Parvati si infuriò nel vedere suo figlio ucciso. La sua furia divina iniziò a dare forma ad innumerevoli aspetti della Madre di potere che portarono sconcerto e tremore tra gli astanti. Il suo corpo iniziò a crescere a dismisura, sempre più alta e più terribile appariva, emanava potere da tutti i suoi pori, lo sguardo fisso sul corpo del figlio, poi chiese con voce imperiosa : “Chi è stato ad ucciderlo ? Chi ha ucciso mio figlio ?”
Shiva sollevò lo sguardo verso la sua amata sposa e con una espressione di stupore e meraviglia disse : “Sono stato io, non sapevo che fosse mio figlio ! Perdona il mio gesto ma era all’oscuro di tutto.”
Le divinità si prostrarono ai piedi di Parvati, che era immensa, una montagna sulla montagna, le chiesero scusa poichè anche loro non sapevano che quel bambino fosse suo figlio. Parvati disse : “Potrò perdonarvi solo se lo riporterete in vita, solo allora potrò perdonarvi ! Lui dovrà essere adorato come lo siete voi !”
Allora le divinità andarono da Shiva e gli chiesero di riportare in vita il bambino. Shiva acconsentì e diede delle istruzioni precise alle divinità : dovevano dirigersi verso la direzione nord e prendere la testa di una qualsiasi creatura che incontrassero per poi riunirla al corpo di Ganesha. Le divinità seguirono le istruzioni ed andarono verso nord.
Trovarono un elefante, gli tagliarono la testa e rapidamente tornarono sul monte Kailash, attaccarono la testa al corpo monco del bambino. Allora il Dio Shiva entrò in profonda meditazione ed iniziò a sprigionare un tapas luminoso che con la sua forza di volontà infuse nel corpo del bambino. Shiva donò una nuova vita a Ganesha.
Tutte le divinità lo adorarono sapendo che era figlio di Shiva e di Parvati.
5
IL DONO DI SHIVA
Parvati iniziò a calmarsi ma ancora il suo aspetto incuteva terrore. Tutti guardarono a Shiva che con espressione autorevole e benevola si rivolse alla moglie Parvati e a Ganesha dicendo :
“Da questo momento questo bambino si chiamerà Ganesha che significa Signore dei Gana. Io dò a Ganesha il dono di essere rispettato ed adorato da tutti gli Dei, le Dee e gli esseri umani, per questo motivo, prima di compiere un sacrificio, un’azione importante, intraprendere un nuovo lavoro, sia esso intellettuale o manuale, una qualunque azione nel mondo, tutti dovranno onorare Sri Ganesha prima di adorare qualsiasi altro Dio.
Sri Ganesha oltre ad essere il Dio della conoscenza, della saggezza e della discriminazione, sarà anche il Dio che aiuta a rimuovere gli ostacoli, di qualsiasi natura essi siano.
Tatthastu ! (così sia ! )”
Parvati si addolcì, sorrise e gradualmente iniziò a ridurre la sua forma fino a tornare normale. Tutti gli astanti, dei e dee, esseri di vari mondi, forze della Natura e Madre Natura, trassero un sospiro di sollievo, la tensione generale si alleggerì.
Parvati cambiò il colorito, tornò ad essere luminosa, dalle sfumature dorate della pelle, bellissima e amabile e da quel momento assunse il nuovo appellativo di Gauri, che significa colei che è ‘splendente’, ‘dorata’.
Il mondo tornò a rigenerarsi : i fiori sbocciarono, le mucche ripresero a dare il loro latte, gli uccelli cantarono, le messi che si erano fermate ripresero a crescere, la brezza che era rimasta immobile riprese a circolare, tutto si riattivò con una nuova forza generatrice, piena di vita e di serenità, tutto fluiva dolcemente seguendo i ritmi armonici del cosmo.
La Madre Divina era ritornata nel Suo aspetto di armonia e bellezza, abbondanza e felicità, tutto l’universo rispondeva all’unisono alla Sua essenza intrinseca e gioiva della sua Presenza.
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Bibliografia
Storie liberamente tratte da :
SHIVA MAHA PURANA
GANESHA PURANA
DIZIONARIO DELLE RELIGIONI ORIENTALI – Avallardi
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https://shreeganesh.com/site/stories/2586/story-lord-ganesha-wedding-with-siddhi-and-buddhi
https://shiva.redzambala.com/shaivite-hinduism-explained/ganesha-kartikeya-dharma-devas.html
https://www.lotussculpture.com/ganesha-hindu-god-ganapati-elephant-meaning-symbolism.html
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Lode a Sri Ganesha,
il cui corpo intero simboleggia la sapienza, saggezza e prosperità !
Lode a Colui che ci libera dagli ostacoli e ci assiste lungo il cammino spirituale !
Lode a Sri Ganesha,
che è pieno di grazia nella danza e con la sua Presenza ci allieta lungo il cammino !
Lode a Colui che con amicizia ci sostiene non lasciandoci mai soli !
OM
SRI GANESHAYA NAMAH
Devadatta
IL SIMBOLISMO DI SRI GANESHA
Tutto il corpo di Sri Ganesha ed ogni Sua parte hanno un significato preciso : nella Sua stessa forma è espresso il Suo carattere, la Sua personalità. Non il frutto di fantasia od immaginazione ma l’espressione diretta della manifestazione di una Forza Divina che dalle mani sacre di Parvati prende forma e si anima unita al tocco divino di Shiva : questo è Sri Ganesha, il corpo e lo spirito di un Essere saggio che ha la dignità e la maestosità di un elefante e al tempo stesso la gioiosità e la freschezza di un bambino. Manifestando il Suo stesso corpo comunica al devoto come dovrebbe essere, gli ricorda le caratteristiche salienti per essere saggio : forte e stabile come un elefante, si muove agilmente, con destrezza ed agilità nella danza della vita, rimuovendo tutti gli ostacoli della vita con maestria, forza e creatività nel corpo sano di un bambino, sempre pronto e ripartire, esprimendo la gioia nel partecipare alla vita insieme all’equilibrio dalla Sua saggezza.
GANESHA E’ FIGLIO DI SHIVA E PARVATI, Shiva rappresenta la Trascendenza e Parvati è la Madre Divina di tutti gli esseri, il loro figlio Ganesha simboleggia lo Spirito ed il Corpo della persona saggia con la dignità dell’elefante. Ganesha è il Patrono delle Arti e della Scienza, il Signore degli Ostacoli e Guardiano del Dharma. Si manifesta come la forza della giustizia, l’incarnazione della legge karmica di Shiva nei tre mondi. ( Sloka 22
IL NOME DI GANESHA significa “Signore dei Gana”. Shiva donò a Ganesha il comando, la leadership sui Gana, i Gana sono gli attendenti di Shiva e Parvati, esseri di varie nature, come ricompensa per aver perso la testa umana ed aver ricevuto una testa da elefante.
LA TESTA DI ELEFANTE esprime la memoria, la capacità di ricordare ogni singola cosa, di non dimenticare, è il simbolo della Sua conoscenza e saggezza.
LA TESTA GRANDE simboleggia l’enorme conoscenza e saggezza. Ci indica anche che dovremmo pensare ‘in grande’ cioè i nostri pensieri dovrebbero essere rivolti alle ‘cose grandi’, ‘di valore’. Che dovremmo lasciare andare il nostro modo di pensare umano rivolto alle ‘cose piccole’, ‘meschine’ per poter progredire nella vita.
GLI OCCHI PICCOLI simboleggiano la grande attenzione e concentrazione verso i dettagli della vita, la capacità di ‘mettere a fuoco’ le situazioni e quindi riuscire a capirle meglio; essere sempre attenti e concentrati verso ‘lo scopo’ fondamentale della propria esistenza, verso la vita spirituale.
LE GRANDI ORECCHIE simboleggiano la capacità di udire tutto e tutti, rimanere attenti nell’ascolto. Questa attitudine ci renderà più capaci di comprendere le situazioni e ci renderà più accorti perché spesso i problemi nascono dall’incapacità di ascoltare con attenzione, da questo fatto traiamo delle conclusioni erronee, non basate sui fatti, di conseguenza anche le nostre azioni saranno sbagliate in eccesso o in difetto.
LA PROBOSCIDE simboleggia una grande efficienza e capacità di adattamento. Può indicare anche la forza immensa dell’essere saggio, perché con la proboscide si rimuovono ostacoli molto pesanti ed ingombranti, sia la raffinata capacità di discriminazione, ‘odorare’, ‘snasare’ le situazioni per capire cosa va bene e cosa non va bene, scartare ciò che va scartato con determinazione usando la grande proboscide.
1 SOLO DENTE significa mantenere ciò che è buono ed eliminare ciò che è cattivo, il sacrifico, cioè togliere ciò che non va bene, e rendere sacro ciò che rimane.
LA BOCCA PICCOLA significa che bisogna parlare poco, dovremmo dire lo stretto indispensabile, poiché molti errrori nascono dal fatto che si dicono spesso troppe parole non necessarie, od usiamo delle parole’eccessive’, ‘sopra le righe’ che poi ci rammarrichiamo di aver detto. Il controllo dell’espressione verbale è indispensabile per non compiere errori di comunicazione che creeranno ostacoli nella nostra vita.
LA GRANDE PANCIA simboleggia la capacità di accettare e digerire tutto ciò che la vita ci offre, che sia buona o cattiva, brutta o bella, dovremmo divenire capaci di ‘digerire’ ogni cosa, di ‘trasformarla’ e trarne il giusto nurimento espellendo lo scarto. Accettare ed imparare dalle esperienze della vita mantenedno la capacità di andare avanti.
LA PANCIA DI GANESHA CON INTORNO UN SERPENTE è generalmente associato con Suo padre, Shiva, che protegge dal veleno e, al tempo stesso simboleggia la capacità di avere una grande energia sotto controllo. Saper gestire tanta energia, distribuirla, immagazzinarla avendola sempre sotto controllo, non essere gestiti dall’energia. Il controllo e l’uso saggio dell’energia sono indispensabili per progredire nel cammino spirituale.
4 BRACCIA :
Talvolta può essere raffigurato con più braccia ed in un braccio in alto a sinistra può tenere un fiore di loto che significa il dono “dell’Illuminazione”.
SIEDE CON UN PIEDE CHE TOCCA TERRA E L’ALTRO PIEDE POGGIA SUL GINOCCHIO OPPOSTO questo significa che la persona saggia è di questa terra, con il piede che tocca terra, ma non è completamente di questa terra, con il piede appoggiato al ginocchio, quindi opera nella terra ma non è attaccato ad essa, è libera dai desideri e percorre il cammino della saggezza.
IL SUO VAHANA, MEZZO DI TRASPORTO, E’ IL TOPO il motivo di ciò è che il topo è il più avido di tutti gli animali. Va sempre alla ricerca di tutto ciò che vuole e farà di tutto per averlo, i suoi denti crescono continuamente e lui continuamente mastica e mangia, senza limiti. Il topo è il simbolo dei nostri sensi che non sono mai sazi, non sono mai soddisfatti, desiderano sempre nuove esperienze per essere stimolati ed eccitati, vogliono provare nuovi gusti, nuovi sapori, si nutrono di ‘impressioni sensoriali’. Se non vengono controllati continuano a crescere all’infinito e così facendo catturano tutta la nostra attenzione ed energia, ci deviano dal nostro percorso verso la saggezza e lo spirito. Ganesha controlla l’energia dinamica, frizzante o agitata dei sensi, in questo modo riesce a disciplinarla, la orienta e la utilizza per la sua finalità all’inizio conoscitiva e di saggezza, poi, ‘rivolgendo i sensi all’interno’, canalizza queste energie verso la realizzazione spirituale.
IL TOPO E’ DAVANTI GANESHA E LO GUARDA AVENDO VICINO UN VASSOIO DI DOLCI quando ci sono queste raffigurazioni in cui il topo si trova di fronte o di lato a Ganesha e lo guarda immobile significa che i sensi della persona saggia sono sotto controllo ed il topo non mangia i dolci, le prelibatezze della vita che sono i dolcetti sul vassoio, il topo guarda Ganesha per chiedere il suo permesso se può e quando può mangiarli. Così il saggio, distaccato dal desiderio, nello stato di equilibrio sattvico, talvolta lascia che i sensi si nutrano delle ‘impressioni del mondo’ ma nei modi e nei tempi dovuti, senza mai esagerare.
GANESHA NELLA FORMA DI COLORE BIANCO esprime la felicità, la pace e la prosperità della vita.
GANESHA NELLA FORMA DI COLORE ROSSO si chiama Vijayā Gaṇapati, colui che dona il successo vittorioso, Ganapati è il nome relativo alla saggezza.
IL COLORE DEI VESTITI che indossa Ganesha può variare, principalmente usa il rosso, che indica la forza e la vittoria della saggezza, oppure il giallo che simboleggia la purezza, la pace, il controllo dei sensi, la veridicità ed è di buon auspicio
IL FIORE preferito da Ganesha è il fiore di ibiscus.
IL FRUTTO favorito di Ganesha è la banana.
Sri Ganesha può assumere diverse forme che corrispondono a vari attributi o qualità, capacità spirituali. Il numero delle braccia può cambiare, può averne 2 oppure 4 oppure 8. Può tenere nelle mani vari oggetti simbolici o fare dei Mudra specifici. La maggior parte delle volte è seduto ma può essere anche danzante oppure disteso sul fianco. Può essere immobile od operativo.
Devadatta
Bibliografia :
Liberamente tratto da
SHIVA MAHA PURANA
GANESHA PURANA
DIZIONARIO DELLE RELIGIONI ORIENTALI – Avallardi
https://www.lotussculpture.com/ganesha-hindu-god-ganapati-elephant-meaning-symbolism.html
https://m.timesofindia.com/The-image-of-Ganesha-and-its-meaning/articleshow/3437331.cms
https://sahajainfo.blogspt.com/2011/02/108-names-of-lord-ganesh.html
https://shreeganesh.com/site/about/801/108-names-of-lord-shree-ganesh
https://shreeganesh.com/site/about/812/lord-shree-ganesh-symbolism
https://shreeganesh.com/site/about/829/32-forms-of-lord-shree-ganesh
https://www.storypick.com/symbolic-meaning-of-ganesha/
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24 ottobre 2022
LAKSHMI PUJA
Incontro su
“LA NASCITA DI LAKSHMI ED I SUOI SIMBOLI”
Spiegazioni in merito al Tantra
DEVI-PUJA
L’adorazione della Devi
IL TERZO CHARITA
Poi viene l’ultimo o uttama charita, la storia migliore, della Madre :
Due fratelli, Shumbha e Nishumbha, figli di Sunda e Upasunda, i famosi Asura del casato dei demoni di Hiranyakashipu, si erano sottoposti a delle rigorose austerità fin dalla giovinezza e attraverso la forza del loro tapas, riuscirono ad avere udienza da parte di Brahma, che fece loro la grazie di esaudire tutti i loro desideri in aggiunta al dono ( su loro stessa richiesta ) che non avrebbero incontrato la morte per mano degli dei o degli uomini eccetto nel caso di una kanya, una vergine, che non fosse nata da un grembo materno, ayonija.
Allora essendosi gonfiati di orgoglio e potere, i fratelli sfidarono Indra, lo privarono dei suoi diritti e privilegi ottenuti con gli yajnas, sacrifici, lo rimossero dalla sua posizione di re degli dei, stabilirono il loro dominio ovunque, godendo dei diritti e delle posizioni degli dei.
Gli dei si riunirono e ricordando della promessa della Devi di venire in loro soccorso quando fosse stato necessario, andarono sull’Himalaya e offrirono a Lei le loro preghiere per il loro stato miserabile, invocando la Sua presenza ed aiuto.
La Madre fu toccata. Comparì di fronte agli dei in una forma molto attraente, allo stesso tempo luminosa, incantevole ed aggraziata.
Gli Asura erano là, i capi, i messaggeri e la fazione del re demone Shumbha; rimasero infatuati dalla bellezza struggente della Sua forma e fecero delle overtures nei suoi confronti affinchè accettasse di divenire la sposa dei loro re. Furono inviati vari generali per concretizzare questa finalità, ma nessuno ritornò vivo. Tra i generali più importanti che furono eliminati in modo galante dalla Madre, il primo fu Dhoomralochana. Poi venne la volta di Chanda e Munda, due generali che incontrarono il loro destino ultimo per mezzo della ‘risata’ della Madre che perciò fu chiamata Chamunda. Poi arrivò sul campo di battaglia Raktabija che era chiamato in questo modo perché quando ogni singola goccia del suo sangue toccava la terra produceva un Asura, un combattente suo eguale. Ma senza permettere che una singola goccia di sangue cadesse a terra, la Madre lo finì. Infine vennero di persona Shumbha e Nishumbha che attaccarono la Devi in vano e furono abbattuti da Lei.
Bisogna notare che il Suo scontro con Shumbha era stato preceduto dalla distruzione del fratello Nishumbha, abbracciò il fato di milioni di forze di Asura che avevano avuto a che fare con le ‘Piccole Madri’, matrika, che erano emanazioni e vibhuti della grande Madre che alla fine furono richiamate e tutti questi poteri e Personalità-della-Madre furono riuniti nel suo stesso Corpo e uccisero il re-demone Shumbha, avendo accolto la sfida di combattere con lui da sola. Virile e veemente nei Suoi attacchi, per questo ci si riferisce a Lei come Chandi o Chandika.
Il Saptasati è pieno di descrizioni e dettagli, nomi e armi, Asura e Devi Murti, forme della Dea.
Quando l’opera della Devi fu compiuta, gli dei La adorarono e cantarono molti inni in onore delle Sue prodezze, delle Sue molte manifestazioni e del Suo cuore materno. La Dea ne fu compiaciuta e ancora una volta diede la Sua parola di assicurazione che sarebbe stata dalla parte degli dei nei momenti di necessità e di crisi, e dichiarò anche che Lei sarebbe stata sempre presente nei luoghi dove questi inni fossero letti ed usati come preghiere.
Infine la Devi parlò delle Sue incarnazioni future.
Questa è la storia di Mahasarasvati ( chiamata Shumbhadamani ), la Dea che presiede sul sattwa, la qualità di equilibrio della Calma universale in mezzo a tutte le attività e tribolazioni della natura esteriore o nell’esistenza interiore.
CONCLUSIONI DEL DEVI-MAHATMYA
Udendo la grandezza della Madre Divina come esposta dal saggio Medha e rivelata in quelle storie delle Sue tre grandi personalità di Mahakali, Mahalakshmi e Mahasarasvati, il re ed il mercante si convinsero che nulla è impossibile per la Dea Suprema e decisero di adorarla ed essere ricettivi alle Sue benedizioni amorevoli. Ricevendo le istruzioni dal saggio sul metodo e le pratiche segrete di adorazione si ritirarono nelle solitudini della foresta e vissero una vita austera per tre anni, completamente assorbiti nella tapa usando come japa ( la ripetizione di un mantra con un tono di voce non udibile ) i Mantra del famoso Inno Vedico, il Devi Sukta del Rig Veda – devi suktam param japan. Al termine dei tre anni, Chandica, la Dea che sostiene il Mondo, Jagaddhatri, apparve di fronte a loro ed espresse il Suo piacere nel garantire loro ciò che chiedevano.
Attraverso la grazia ricevuta, il re ottenne il suo regno che aveva perso e nella vita successiva, divenne Sarvani Manu con il suo regno sicuro attraverso tutto il ciclo temporale che prese il nome da lui, Savarni Manvantara.
Per sua richiesta Samadhi, il mercante, ricevette dalla Madre Divina quella conoscenza attraverso cui il reale distacco dagli oggetti e desideri del mondo è effettuata ed il senso dell’ ‘io’ e del ‘mio’ è dissolto nello stato beatifico ed eterno della coscienza del Divino, la Verità Suprema, l’Assoluto.
Questo è il fondamento del Saptasati, il Devi-Mahatmya, il capitolo di chiusura che parla del bene, di ciò che è mondano e di ciò che è ultra mondano, che deriva dai benefici di coloro che officiano la Durga Puja, specialmente all’inizio di sarat, l’Autunno, e cantano nelle loro preghiere gli inni rivolti da parte degli dei nelle loro invocazioni a Chandi.
T. K. Kapali Sastry
Libera traduzione dall’Inglese all’Italiano di Devadatta e Kiriti
OPERE COMPLETE – Volume 1 – Il Libro delle Luci-I
PUBLICAZIONI – Sri Aurobindo Ashram – Pondicherry – India
Spiegazioni in merito al Tantra
DEVI-PUJA
L’adorazione della Devi
IL SECONDO CHARITA
Nel secondo Charita della Devi, Medha, il saggio, narra la storia di Mahalakshmi.
Mahishasura, il demone con la testa di bufalo, come risultato delle austerità e penitenze di sua madre Diti, era nato potente, cresciuto impetuoso e dotato di una passione tanto forte da scuotere il mondo al fine di dominare gli dei. Conquistando gli dei egli stabilì il suo potere in paradiso. Gli dei sconfitti capeggiati da Brahma si recarono da Shiva e Vishnu per una consultazione. Quando questi ultimi udirono delle condizioni degli dei, furono così tanto arrabbiati che la loro rabbia emetteva fuoco; delle luci possenti di splendore si emanavano dai corpi di Shiva, Vishnu, Brahma, Indra e altri dei, che formarono una vasta massa di Luce che prese la forma di una donna la cui luce di radiante fulgore riempì i tre mondi. La luce potente di ognuna delle divinità formò una particolare parte del corpo della donna – il suo volto fu formato da Shiva, i capelli da Yama, i suoi seni rotondi da Soma, i fianchi da Indra, le spalle da Vishnu e allo stesso modo le altre parti del corpo furono formate dagli altri dei. Lei fu anche fornita delle rispettive armi degli dei. Questa è la Devi, la Dea Mahalakshmi, che apparve e sfidò l’Asura con un ruggito simile ad un tuono che scosse i tre mondi. Gli dei gioirono quando Lei uccise gli Asura con le sue armi e avvicinandosi a Mahishasura lo schiacciò sotto il Suo piede, e poi gli conficcò il tridente, shula, nel suo corpo. Gli dei riottennero i loro regni perduti, adorarono la Devi e cantarono la Sua gloria. Altamente compiaciuta la Dea promise di tornare a salvare gli dei ogniqualvolta fosse stato necessario o quando gli dei sarebbero stati in pericolo a causa delle forze asuriche, dei demoni.
Così termina li secondo Charita, la storia di Mahishasuramardini, con l’appellativo di Mahalakshmi, la Dea che presiede sul rajas, la qualità ed il potere cosmico di tutte le azioni.
T. K. Kapali Sastry
Libera traduzione dell’Inglese all’Italiano di Devadatta e Kiriti
T. K. Kapali Sastry – OPERE COMPLETE – Volume 1 – Il Libro delle Luci-I
PUBLICAZIONI – Sri Aurobindo Ashram – Pondicherry – India
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Spiegazioni in merito al Tantra
DEVI-PUJA
L’adorazione della Devi
IL PRIMO CHARITA
Vicino l’eremitaggio del saggio Medha in una foresta, si incontrarono due persone sfortunate, uno dei due era uno Kshatrya e si chiamava Suratha e l’altro si chiamava Samadhi, un Vaishya. Suratha ultimamente aveva perso il suo regno a causa di una invasione intrapresa da un altro re che aveva ottenuto la vittoria per mezzo degli intrighi dei ministri di Suratha e dell’infedeltà dei suoi sudditi. Anche il Vaishya aveva la sua dose di calamità, poiché prima era un ricco mercante e più tardi fu abbandonato, cacciato fuori di casa dai componenti della sua stessa famiglia – da sua moglie, i figli ed i parenti – mossi dall’avidità di potere, di ricchezze e dalla possibilità di essere influenti.
Dopo uno scambio di conoscenze sullo stato reciproco, miserevole, in cui vivevano, entrambi decisero di visitare il saggio che viveva nei dintorni e di esporgli le loro difficoltà poiché capivano che c’era un elemento in comune.
Dopo aver rispettosamente salutato l’eremita, gli narrarono le storie delle loro sfortune e poi gli fecero questa domanda.
Il re disse : “Grande saggio ! Sebbene abbia perso il mio regno e non ho più niente a che fare con esso, il mio cuore è ancora attaccato al senso del sentire denominato ‘mio’, mamatva, in relazione alle persone con cui prima ero in contatto, i ministri, i militari, i funzionari ed i sudditi. Perché questa sensazione egoica di ‘mio’ persiste ancora dal momento che non c’è più alcuna giustificazione per ciò o base di verità ? E qui c’è il mercante ( indicò Samadhi ) che i suoi parenti non vogliono più poiché lo hanno abbandonato; tuttora naviga nella mia stessa barca, con il suo cuore attaccato alla moglie e figlie, ai figli e ai parenti, alle relazioni passate. Cosa è questo mistero ? Quale è la causa di questa incorreggibile illusione, moha, di cui siamo vittime ? Non siamo dei folli inconsapevoli di ciò che è sbagliato e malvagio; nonostante comprendiamo i fatti siamo trascinati da una forza irresistibile verso questo incantesimo di mamatva, ‘mio’. C’è una causa ? C’è un rimedio ? Che tu possa degnarti di venire in nostro soccorso, O saggio.”
LA CAUSA ALLA RADICE
Medha, il saggio, rispose esponendo la radice della causa di tutta la sofferenza ed indicò il rimedio :
“Tutte le creature hanno una loro coscienza ed hanno l’istinto di preservare se stessi e la loro conoscenza arriva fino agli oggetti dei sensi. In relazione agli esseri creati, alcuni sono nati in modo che non vedono di giorno, altri ancora non vedono di notte, mentre altri ancora vedono di giorno e di notte, in egual modo. La conoscenza dell’uomo non è migliore di quella degli uccelli e delle bestie che mostrano di avere grandi abilità per preservare se stessi e ciò che è loro. Qui di nuovo, il senso ed il sentire come ‘mio’ è diffuso in tutta la creazione – negli uomini così come nelle bestie. Saputo ciò la causa di tutto questo è l’ignoranza, avidya, che non è la creazione di qualche essere sulla terra o in paradiso. E’ il prodotto delle azioni di mahamaya, il grande potere illusorio del Signore Vishnu. Lei è il potere che vincola così come è il potere che libera, è causa di ignoranza e causa di conoscenza. Attraverso di Lei tutto l’universo è stato attivato ruotando incessantemente e contiene in esso tutto ciò che è mobile ed immobile. Lei, in breve, è il Potere di Hari, il Signore dell’Universo, chiamato yoga-nidra, il Potere-Dormiente dello yoga, l’equilibrio sovracosciente dell’Essere Supremo.
Suratha chiese al saggio di parlare ancora di Lei, allora il saggio continuò :
“Sebbene Lei sia eterna, immanente in tutto l’universo che è la Sua incarnazione, Lei prende vita di volta in volta, incarnandosi in una forma speciale di Sua scelta, affinchè il governo degli Dei ( nel cosmo ) abbia successo, per poter stabilire i Principi Divini nell’ordine del mondo così che il suo funzionamento possa progressivamente armonizzarsi con le verità eterne e le leggi più alte della Divinità creativa.”
Alla chiusura di un ciclo precedente quando il cosmo era addormentato nell’Essere Oceanico della sua stessa Causa, e Vishnu, il Signore, era nel suo sonno sopra-fisico, yoga-nidra, due asura, Madhu e Kaitabha nacquero dal cerume di scarto dell’orecchio del Signore e cercarono di uccidere Brahma, il creatore che risiede nel loto-ombellico di Hari. A questo punto Brahma cercò la grazia della dea del Sonno che albergava negli occhi del Signore ed iniziò a cantare le lodi della Devi. In risposta a ciò, Mahakali, la terribile signora della Notte, il culmine dell’Oscurità, tamasiratri, assecondò la preghiera di Brahma e svegliò Vishnu dal sonno e ciò portò alla distruzione dei due Asura : questo è il modo in cui Lei prese il nome di Madhu-Kaitabha-Nasini.
Così finisce il primo Charita, la storia di Mahakali che è la Dea che presiede sul tamas Divino.
T. K. Kapali Sastry
Libera traduzione dell’Inglese all’Italiano di Devadatta e Kiriti
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